Con la sentenza n. 31878/2025, la Quarta Sezione penale della Corte di cassazione affronta – ancora una volta – il tema, cruciale nella prassi investigativa, dell’acquisizione della messaggistica (es. WhatsApp) conservata nella memoria di un dispositivo elettronico. Il principio che emerge, per come ricostruibile dalle prime note pubbliche, è netto: niente scorciatoie. Gli screenshot o comunque le copie “artigianali” della polizia giudiziaria non garantite da un percorso legale e tecnico tracciabile, fedele e verificabile conducono all’inutilizzabilità della prova, definita – con espressione efficace – “inutilizzabilità patologica”. La PG non può sostituire un’acquisizione forense con screenshot estemporanei o trascrizioni di schermo: mancano integrità, completezza, ripetibilità e catena di custodia. La prova così formata è inutilizzabile. I messaggi rientrano nella corrispondenza (artt. 14 Cost. e 254 c.p.p.), sicché la loro captazione/estrazione richiede presupposti, autorizzazioni e forme che assicurino tutela della riservatezza e contraddittorio sull’autenticità. La decisione si colloca nel solco di un orientamento già emerso nel 2025 (Cass., Sez. VI, n. 1269/2025) che ha stigmatizzato gli screenshot come mezzo intrinsecamente inaffidabile senza adeguate garanzie tecniche e giuridiche. Nota sulle fonti: al momento della redazione, il testo integrale della n. 31878/2025 non è ancora pubblicato sul portale istituzionale della Corte; le informazioni sono desunte da prime note e approfondimenti specialistici che riportano numero, sezione, data e contenuto essenziale del principio. Aggiorneremo l’articolo non appena sarà disponibile la motivazione ufficiale. Gli screenshot mostrano ciò che appare su un display in quell’istante: non assicurano che il contenuto sia integro, non ritagliato, non manipolato, né consentono di verificare metadati cruciali (orari, mittenti reali, hash dei file, logs di sistema). Perché la prova sia utilizzabile servono passaggi ordinati e garantiti: Titolo legittimante: decreto/sequestro/ordine di esibizione conforme agli artt. 247 ss., 254, 352 c.p.p., con specificazione dell’oggetto e dei limiti (anche temporali) dell’estrazione. (Orientamento consolidato 2024-2025 su sequestro e acquisizione di dati digitali). Acquisizione forense: copia integrale o selettiva tramite strumenti forensi (c.d. copia bit-a-bit o logical extraction) con hash di verifica e verbale tecnico dettagliato. Perimetrazione: limitare l’estrazione allo stretto necessario (principi di necessità e minimizzazione), motivando eventuali acquisizioni “larghe” dell’intera memoria del device. Catena di custodia: individuazione di chi esegue, sigilli digitali, conservazione in ambienti sicuri, tracciabilità di ogni accesso. Contraddittorio tecnico: quando possibile, copia speculare per la difesa e accesso ai report/metadata per le verifiche di parte. (Linea coerente con la giurisprudenza 2025 su garanzie e controlli giudiziari nell’acquisizione dei dati). Per le Procure e la PG: gli screenshot “di servizio” non possono più essere considerati scorciatoia probatoria. Serve procedura forense e – quando richiesto – controllo del giudice. Per la difesa: nuova linfa alle eccezioni di inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. contro acquisizioni non garantite o non verificabili; rilevanza della catena di custodia e dei metadati nelle consulenze tecniche. (Orientamento coerente con i contributi sistematici 2025 su prova digitale). Per i cittadini/imprese: maggiore tutela della privacy e del diritto di difesa: la chat non è “uno screenshot e via”, ma un contenuto sensibile che il processo deve trattare con rigore. 1) La polizia può chiedermi di mostrare la chat e fotografarla? 2) E se l’acquisizione è stata “troppo ampia”? La giurisprudenza 2025 insiste su necessità, proporzionalità e minimizzazione: un prelievo onnicomprensivo senza motivazione può comportare censure (nullità/illegittimità) e, a cascata, problemi sulla utilizzabilità della prova derivata. La n. 31878/2025 conferma un filo rosso tracciato quest’anno: contro gli screenshot “poveri” (Cass., Sez. VI, n. 1269/2025: “irrilevanza del consenso” e necessità di garanzie per la messaggistica istantanea); a favore di acquisizioni forensi motivate, perimetrate e controllate (linee e arresti su sequestri digitali e limiti di ampiezza). Nel digitale, ogni dettaglio conta: una prova ben raccolta regge il processo, una prova improvvisata crolla. La conoscenza delle regole tecniche e giuridiche è alla base di ogni decisione – per chi indaga, per chi giudica e per chi si difende. Soprattutto qui, dove privacy, tecnologia e giustizia si intrecciano, sapere come acquisire significa tutelare i diritti e non sprecare l’accertamento. Hai ricevuto un verbale con screenshot di chat o una perizia senza tracciabilità? Prima di trarre conclusioni, verifica con un professionista come sono stati acquisiti quei dati. Nel processo penale, più della chat conta il metodo. Se ti trovi in una situazione analoga o vuoi predisporre policy interne (aziende, enti, studi) per gestire correttamente i sequestri digitali e le acquisizioni forensi, il nostro Studio è a disposizione per un check-up probatorio e per la predisposizione di protocolli tecnici e legali ad hoc. Acquisizione dei messaggi conservati nella memoria di smartphone e altri device: quando la “prova digitale” diventa inutilizzabile
Cosa ha detto la Cassazione
Perché gli screenshot non bastano (in parole semplici)
Per la Cassazione, portare in dibattimento una chat così “fotografata” equivale a presentare una riproduzione privata priva di crismi forensi: non è prova, è un indizio fragile che non supera il vaglio di attendibilità richiesto dal processo penale.
Come si acquisiscono correttamente i messaggi
Effetti pratici della n. 31878/2025
Domande frequenti
Può chiedere; ma la prova così formata rischia di essere inutilizzabile se non inserita in un percorso legale e tecnico idoneo. Meglio un’acquisizione forense autorizzata e documentata.
Un tassello in un mosaico: continuità con i precedenti 2025
Conoscere per decidere: scientia est potentia
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